da "Tratti essenziali del marxismo scientifico" -
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Primo maggio Chicago
1886
Gli avvenimenti
di piazza Haymarket
Il terreno
storico
La situazione
dei lavoratori
Le azioni
antioperaie
Alla vigilia del
maggio 1886
Chicago, maggio
1886
Il "Caso
Haymarket".
Gli
avvenimenti di piazza Haymarket
Il 1° maggio 1886 i più grossi
centri industriali degli USA furono teatro dell'inizio di uno sciopero generale
operaio. I proletari americani rivendicavano una giornata lavorativa di 8 ore ed
il miglioramento delle condizioni di lavoro.
A Chicago lo sciopero
assunse dimensioni particolarmente massicce. Per disperdere gli scioperanti, le
autorità ricorsero ad una manovra provocatoria: il 4 maggio, durante un comizio
di massa, in piazza Haymarket, improvvisamente, esplose una bomba. Era questo il
segnale che aspettavano i poliziotti di Chicago ed i militari della locale
guarnigione, i quali erano stati precedentemente concentrati nelle immediate
vicinanze. Contro gli scioperanti fu aperto il fuoco.
Iniziò così una
rappresaglia di massa contro gli operai e, in primo luogo, contro i loro
dirigenti; e questo non solo a Chicago, il centro principale del movimento, ma
in tutto il paese. Vennero arrestati centinaia di operai ed otto di loro, le
avanguardie del proletariato di Chicago, vennero processati. La borghesia non
badò a spese per fomentare, con l'aiuto di un'assordante campagna antioperaia,
torrenti di menzogne che sommersero letteralmente gli americani medi, attraverso
le pagine degli organi di stampa ufficiali, una campagna per destare una
rudimentale coscienza di massa ed incanalarla nell'alveo ad essa più propizio:
quello dell'odio verso la classe operaia e le sue organizzazioni.
In
tali condizioni, senza nessun riguardo per la legge e tutte le norme
democratiche instaurate nel paese ancora all'epoca della guerra di liberazione
del popolo americano, la "giustizia" di Chicago, per quanto sprovvista della
benché minima prova della complicità degli imputati nell'esplosione della bomba
di piazza Haymarket, emise un verdetto atroce e vergognoso per qualsiasi paese
democratico. Sette degli imputati: Albert Parsons, August Spies, Samuel Fielden,
Michael Schwab, Adolf Fischer, George Engel e Louis Lingg vennero condannati a
morte; l'ottavo, l'imputato Oscar Neebe, a 15 anni di carcere. E tutto ciò
malgrado fosse stato provato in modo inconfutabile che quando la bomba era
esplosa, erano presenti al comizio solo due dei suddetti imputati.
Questa
vergognosa azione venne perpetrata con un solo scopo: impedire la crescita della
protesta operaia e intimidire per molto tempo a venire quegli operai che ancora
non si erano levati alla lotta.
Nonostante le numerose proteste da parte
delle varie organizzazioni operaie degli USA, dell'Europa e dell'opinione
pubblica progressista americana e nonostante la domanda di abrogazione
dell'iniqua condanna passata dal tribunale, l'unico risultato che si riuscì a
conseguire fu la commutazione della pena di morte a cui erano stati condannati
Fielden e Schwab in detenzione a vita. Lingg perì durante la permanenza in
carcere. Parsons, Spies, Engel e Fischer vennero giustiziati l'11 novembre 1897.
In un articolo pubblicato sul "New York Herald Tribune", lo scrittore
umanista W. D. Howells (1837-1920), uno dei più noti esponenti della cultura
americana, scrisse con indignazione e dolore: "La libera repubblica ha ucciso
cinque uomini per le loro convinzioni". Howells non poté non sottolineare che
questa uccisione aveva recato "un danno grandissimo al prestigio della nazione".
La provocatoria rappresaglia organizzata dalle autorità contro gli
operai di Chicago fu chiamata dai contemporanei "Haymarket affair"; gli imputati
stessi sono passati alla storia come "martiri di Chicago" (o di Haymarket)...
Gli avvenimenti verificatisi negli USA in quel mese di maggio del 1886
provocarono ripercussioni enormi in tutto il mondo, e al 1° congresso della IIa
Internazionale, nel luglio del 1889, venne adottata una decisione storica:
"Si indice una grande manifestazione internazionale, da tenersi ad una data
stabilita oggi, una volta per sempre, perché simultaneamente, in tutti i paesi e
in tutte le città, in questo giorno stabilito i lavoratori presentino alle
autorità le loro rivendicazioni: la limitazione, per legge, della giornata
lavorativa ad otto ore, nonché l'adempimento di tutte le altre deliberazioni del
congresso internazionale ..."
Il terreno storico
La battaglia di
massa del proletariato industriale statunitense negli anni 1880 non fu né una
casualità storica, né, quanto meno, un'esplosione spontanea generata
dall'irresponsabilità di singoli dirigenti operai.
Il significato degli
avvenimenti di Chicago consiste appunto nel fatto che proprio a quell'epoca la
lotta degli operai americani per il miglioramento delle proprie condizioni di
vita, per una giornata lavorativa di 8 ore e per il diritto di istituire proprie
organizzazioni assunse effettivamente un carattere di massa e mostrò l'esistenza
di una determinata maturità di classe. Nel movimento confluirono operai
qualificati e non, immigrati e americani di origine. Un milione circa di uomini
si unirono in organizzazioni operaie. Detto movimento divenne in un certo senso
l'apice di lunghi e complessi processi di formazione del proletariato operaio,
aprì una nuova tappa nella lotta di quest'ultimo contro la borghesia e segnò
l'inizio del moderno movimento operaio negli Stati Uniti.
Il movimento
del proletariato americano per una giornata lavorativa di otto ore emerse dal
cuore stesso della rivoluzione e della guerra civile (1862-1965) negli USA: era
una logica conseguenza di quei mutamenti socio-economici che avevano determinato
avvenimenti di alto valore significativo per tutta la successiva storia del
paese. "Negli Stati Uniti dell'America del Nord - scrisse Marx ne' "Il Capitale"
- ogni movimento operaio indipendente non poteva che essere paralizzato, finché
la schiavitù deturpava una parte della repubblica... Ma dalla morte della
schiavitù germogliò subito una vita nuova e ringiovanita. Il primo frutto della
guerra civile fu l'agitazione per le otto ore che cammina con gli stivali dalle
sette leghe della locomotiva, dall'Atlantico al Pacifico, dalla Nuova
Inghilterra alla California".
La guerra civile rese disponibili grandi
forze per lo sviluppo del capitalismo negli USA. Con l'espansione dall'industria
capitalista, la crescita del numero e della concentrazione della classe operaia
e l'aggravarsi dello sfruttamento capitalistico, si allargò e crebbe la protesta
del proletariato industriale, la quale si espresse nel movimento proletario
nazionale generale, nella creazione di grosse unioni operaie: l'Ordine dei
cavalieri del lavoro e la Federazione delle Trade Unions e delle unioni operaie
degli USA e del Canada, predecessori della AFL (l886).
Il movimento
operaio americano, la cui maturazione durava già da molti anni, malgrado un
certo ritardo rispetto al movimento operaio europeo, crebbe di colpo e con
grande potenza, constatò Friedrich Engels già nel gennaio del 1886, quando gli
avvenimenti di quel fatidico anno non avevano ancora raggiunto l'apice.
Quanto al "ritardo" del movimento operaio americano, questo era dovuto a
concrete cause storiche. Infatti, nonostante l'identità delle fondamentali leggi
e tendenze di formazione del capitalismo nel Vecchio e nel Nuovo Mondo,
l'affermazione e lo sviluppo del capitalismo negli USA furono accompagnati da
alcune peculiarità proprie a questo paese. Naturalmente, questo non poteva
mancare di incidere sul processo di maturazione della coscienza di classe e
della coesione del proletariato americano.
In primo luogo, l'America del
Nord è un paese che non ha mai conosciuto il feudalesimo ed è cresciuto
esclusivamente su basi borghesi. L'incredibile crescita del capitale, tra cui
l'afflusso di notevoli contributi monetari dall'Europa, la sua concentrazione,
soprattutto all'interno del paese, sullo sfruttamento di ricche risorse locali,
l'afflusso della forza lavoro dall'Europa, dall'Asia, dall'America centrale,
l'alta professionalità degli operai europei e le conquiste tecniche del Vecchio
Mondo: tutti questi fattori contribuirono allo sviluppo del capitalismo
americano.
Le enormi distese di terre "libere" nell'Ovest del paese
favorirono l'espansione del capitalismo. Dal punto di vista della struttura
sociale della società americana e della sua dinamica, tale sviluppo estensivo
significava una maggiore mobilità delle frontiere sociali. Dopo la guerra civile
una determinata parte di operai americani poté beneficiare realmente della legge
sulle fattorie: tramite l'acquisto di un appezzamento di terra, molti operai si
trasformarono in agricoltori, imprenditori, commercianti, rinunciando così alla
loro condizione di proletari. E sebbene l'acquisto di un appezzamento di terra,
la sua coltivazione e il trasferimento all'Ovest del paese fossero legati a
difficoltà e privazioni, e richiedessero l'accumulazione di notevoli somme di
denaro, la stessa possibilità di potersi trasformare in proprietari frenava
seriamente la formazione di un proletariato permanente ed ereditario. Questo
influiva naturalmente sulla formazione della coscienza di massa degli operai e
sul loro spirito socio-psicologico, mantenendo per contro vivo, in loro, uno
spirito individualista e l'aspirazione alla proprietà.
Quando le terre
"libere", verso la fine degli anni '80 del XIX secolo, cominciarono ad essere
sempre meno, la situazione cambiò e la grande valvola di sicurezza che impediva
la formazione di una classe permanente di proletari, di fatto cessò di
funzionare. Ne risultò la formazione di una classe di operai salariati d'origine
americana. Negli ultimi 30 anni del XIX secolo, la consistenza numerica della
classe operaia passò da 3,8 a 9,4 milioni. Ebbe inizio un impetuoso processo di
polarizzazione di classe della società americana. Un'impressionante descrizione
della struttura sociale di quest'ultima appartiene ad Edward Aveling e sua
moglie Eleanor, figlia di Marx, i quali visitarono gli USA nel 1886: "In
America... la differenza tra la classe capitalista e quella operaia... si
manifesta in modo nettissimo e senza compromessi. Ad un estremo della scalinata
sociale si trova il milionario che abbatte apertamente e spietatamente i propri
concorrenti... All'altro estremo si trova invece il proletario indifeso,
affamato... L'effettiva divisione della società in due classi - quella operaia e
quella capitalista -... negli USA balza subito agli occhi. Il sistema
capitalista è arrivato negli USA come un prodotto finito e con un'assoluta
mancanza di scrupoli, esso mette tutti ed ognuno a conoscenza del fatto che la
società contemporanea consiste di due classi, le quali sono ostili l'una
all'altra".
La successiva storia degli USA ha posto questo paese al
primo posto nel mondo per livello di sviluppo delle forze produttive e il peso
specifico della classe operaia nella composizione sociale della popolazione è
divenuto uno dei più elevati tra i paesi capitalisti industrializzati.
Un'altra peculiarità della formazione della classe operaia americana
consiste nel fatto che negli USA questo processo si è sviluppato parallelamente
ad un costante afflusso di operai dai vari paesi europei ed asiatici. Questo
fattore ha determinato il carattere etnico estremamente differenziato del
proletariato americano, elevando barriere linguistiche ed altre tra i suoi
singoli settori. Se per alcuni decenni gran parte della popolazione d'origine
americana fu influenzata dalla possibilità di "rigettare", ancora nel pieno
delle forze fisiche, la condizione di lavoratori salariati per diventare
"padroni" tramite l'acquisto di appezzamenti di terra, gli immigrati, che si
trovavano di solito in condizioni di ristrettezze materiali, erano pressati
dalla necessità di trovare subito un posto di lavoro e spesso, non conoscendo la
lingua del paese, per loro, l'acquisto di un appezzamento di terra era una
possibilità ben poco reale. Bisogna poi aggiungere che essi non erano cittadini
degli USA. Non si devono dimenticare nemmeno le ragioni di carattere
psicologico, in primo luogo le difficoltà di adattamento ad un ambiente
completamente nuovo. Per questo, in pratica, come osservò con grande precisione
Friedrich Engels, per gli operai immigrati esisteva un'unica possibilità: la
condizione di proletario a vita. Ciò fissava lo status "aristocratico" di chi
era di origine americano e contribuiva a far nascere in ciascuno di loro un
senso di superiorità (tra questi americani vanno annoverati anche gli strati di
immigrati privilegiati, cioè gli operai altamente qualificati) e li spingeva ad
unirsi in ristrette unioni di categoria. Da tali unioni erano banditi non solo
gli immigrati, ma anche una categoria di abitanti d'origine americana: i neri.
Erano queste, dunque, le concrete condizioni storiche che frenavano il
processo di consolidamento di classe del proletariato, facendone calare la forza
collettiva. Queste stesse condizioni determinavano anche una certa arretratezza
della coscienza di massa, il che non contribuiva affatto alla comparsa di una
base reale, di un terreno adatto a recepire le idee della visione proletaria
scientifica del mondo.
D'altra parte, gli USA non avevano nemmeno un
sufficiente numero di uomini capaci di elaborare teoricamente, di esprimere
vedute ideali e di introdurre nel movimento operaio un'ideologia avanzata. Ma
anche questa mancanza era dovuta a cause determinate, fra cui l'assenza, in
virtù di un "ritardo" di quasi quarant'anni del capitalismo americano su quello
europeo, delle tradizioni affermatesi nella lotta di classe. Si faceva sentire
inoltre una certa inerzia del modo di pensare degli americani, caratterizzato da
pragmatismo e, come disse Engels, da uno spirito di "febbrile intraprendenza".
Negli USA, la propaganda delle idee del socialismo scientifico era
indebolita anche dal fatto che l'ondata immigratoria verificatasi verso la fine
del XIX secolo aveva portato nel paese i rappresentanti di una serie di dottrine
non propriamente marxiste: gli anarchici con a capo J. Most, i lassaliani ed
altri. E benché non capissero le condizioni e la specificità del movimento
operaio americano, questi ultimi si proponevano come "teorici".
Ecco
perché, in particolare, alla dirigenza del movimento sindacale arrivarono in
prevalenza, in un secondo tempo, uomini, i quali difendevano gli interessi degli
strati elitari della classe operaia, uomini che non si levavano al di sopra dei
problemi economici congiunturali tipici di questi gruppuscoli.
Non ci
deve quindi meravigliare il fatto che, approfittando di un potere economico e
politico illimitato, la borghesia americana fosse in grado di creare solidi
capisaldi al fine di difendere i propri privilegi originari, nonché un vasto
sistema di mezzi e metodi di influenza ideologica, in tutti gli strati della
società americana, compresa la classe operaia.
La situazione dei
lavoratori
Sviluppandosi secondo le vie classiche del
capitalismo monopolistico, l'economia degli USA era regolarmente afflitta da
crisi di sovrapproduzione. La crisi scoppiata nel 1882 e durata alcuni anni,
portò al fallimento di grosse banche (il che in seguito alla rovina di case
concorrenti permise alla Casa Morgan di rafforzare le proprie posizioni ed
imporsi quale leader del mondo finanziario), di compagnie ferroviarie, al calo
della produzione nei principali settori economici e nel settore delle
costruzioni. Moltissime imprese industriali, il 50% circa, furono costrette a
sospendere o a cessare del tutto la produzione.
Presi nella loro
totalità, tutti questi fattori si abbatterono pesantemente sulle spalle dei
lavoratori. "Oggi, - scrisse un testimone di quegli avvenimenti sul The North
American Review - per tutto il nostro paese... si aggirano armate di pellegrini
senza casa, centinaia di migliaia, se non addirittura milioni, di uomini.
Cercano invano un lavoro... E tra chi lavora, un'occupazione garantita e
permanente è un'eccezione". Stando ai dati del giornale operaio progressista di
Chicago "Alarm", il numero dei disoccupati, compresi gli operai agricoli,
oscillava tra i 2 e i 3 milioni di persone. "Sono americani veramente liberi! -
scrisse con amara ironia 1"'Alarm". Possono liberamente patire la fame,
liberamente vagare come mendicanti, morire di fame, ma non sono neanche liberi
di diventare degli schiavi".
I "vagabondi", come li chiamò la stampa
capitalista, ma in realtà disoccupati ridotti alla fame, erano costretti a
girare per il paese in cerca di fonti di guadagno. Ma quando arrivavano ad una
qualsiasi stazione ferroviaria erano ricevuti solo da annunci di mancanza di
lavoro, i quali intimavano tra l'altro ai "vagabondi" di transitare oltre. Nel
suo primo messaggio al Congresso l'8 dicembre 1885, il presidente Cleveland fu
costretto a riconoscere che la disoccupazione era diventata negli USA un
problema nazionale. "Non vi è altro problema così urgente, - constatò il
presidente, - quanto quello posto dall'enorme esercito di disoccupati".
La disoccupazione non era però la sola causa del peggioramento delle
condizioni economiche del proletariato americano, in seguito alla crisi. Molti
erano i fattori che abbassavano il tenore di vita degli operai: la riduzione dei
salari, pesanti condizioni di lavoro, un canone d'affitto estremamente alto,
cattive condizioni di vita quotidiana, un'occupazione non uniforme, una troppo
lunga giornata lavorativa.
Nello Stato del Massachusetts, nel 1883,
quando una famiglia operaia aveva bisogno di almeno 755 dollari l'anno per
sbarcare il lunario, il capofamiglia ne guadagnava in media solo 559.
Le
gravi condizioni della stragrande maggioranza degli operai erano ulteriormente
aggravate dal fatto che i loro guadagni erano notevolmente inferiori a quelli
dell'"aristocrazia operaia". La situazione in cui versavano ad esempio i
minatori della Pennsylvania - il secondo Stato americano per produzione
industriale - confermava il divario esistente tra il "costo della vita" e le
reali possibilità delle famiglie operaie americane. All'inizio degli anni 1880,
nelle miniere della Pennsylvania lavoravano circa 140 mila operai, occupati per
lo più nell'estrazione dell'antracite nella parte orientale di questo Stato.
Qui, secondo i dati dell'Ufficio di statistica industriale della Pennsylvania,
il guadagno più alto oscillava tra i 2 e i 2,7 dollari al giorno.
La
crescita industriale, l'afflusso di immigrati, la concentrazione della
popolazione nelle aree urbane peggioravano le condizioni di alloggio della
classe operaia americana, contribuendo così, in sostanza, all'abbassamento
generale del suo tenore di vita. Essendo praticamente alle stelle i canoni
d'affitto, i proletari di New York, Chicago, Pittsburgh ed altri centri
industriali potevano affittare solo locali umidi e privi di luce. Solo
l'"aristocrazia operaia" poteva permettersi buone condizioni di vita.
Molti operai erano costretti ad affittare una camera in una casa
appartenente al padrone della ditta per cui lavoravano, per cui non solo
venivano a pagare due volte di più il valore reale della stanza, ma cadevano
oltretutto in una dipendenza ancora maggiore. Nelle regioni carbonifere del
paese, gli operai abitavano usualmente in baracche sovrappopolate, di proprietà
delle società minerarie.
Non c'è da meravigliarsi che negli anni 1880 la
vita media degli operai non superasse i 30 anni.
Persino dalla tribuna
del Congresso americano venivano pronunciati discorsi sulle estremamente dure
condizioni di vita di determinati strati di lavoratori. Il membro della Camera
dei rappresentanti O'Neill parlò ad esempio dell'alto tasso di mortalità tra la
popolazione di New York, dove 100 mila abitanti vivevano in condizioni di
"sottoproletari e mendicanti". Particolarmente elevato era il tasso di mortalità
infantile. Con lo sviluppo dei mezzi tecnici e della meccanizzazione e con la
semplificazione di molti processi produttivi, si cominciò poi ad utilizzare su
ampia scala anche il lavoro femminile e minorile. Il basso salario percepito dai
capofamiglia spingeva inevitabilmente a lavorare anche le mogli e figli. I
guadagni ottenuti grazie al lavoro femminile e minorile ammontavano negli USA
negli anni 1880 a quasi il 33,5%, del bilancio familiare. "Prima, - scrisse Marx
- l'operaio vendeva la propria forza lavoro della quale disponeva come persona
libera formalmente. Ora vende moglie e figli".
Una lunga giornata
lavorativa che certe volte arrivava anche a 10 o 12 ore, senza condizioni
igieniche di lavoro e salari estremamente bassi: erano queste, in generale, le
condizioni a cui erano sottoposte le donne lavoratrici. Nel loro libro sulla
classe operaia americana, i coniugi Aveling scrissero che in qualsiasi azienda
industriale un visitatore non poteva fare a meno d'essere colpito dall'aspetto
smunto delle lavoratrici. In condizioni di lavoro uguale a quello compiuto da un
uomo, le donne americane percepivano normalmente un salario due volte più basso.
Erano costretti a sottostare a condizioni estremamente pesanti anche i
figli dei proletari americani occupati nel settore produttivo.
Al primo
congresso, nel 1881, della Federazione delle Trade Unions del sindacato dei
lavoratori di tabacco, S. Gompers descrisse il lavoro degli operai minorenni
occupati in questo settore. "Ho visto bambini di 6, 7 ed 8 anni che nel bel
mezzo di una stanza piena di polvere e di fango erano intenti a sfogliare il
tabacco. Erano bambini piccolissimi, pallidi, con sul volto, un'aria
preoccupata, bambini che lavoravano con le loro manine dall'alba al tramonto...
Quando chiesi loro quante ore lavorassero ogni giorno non mi capirono, non
potevano capirmi... La stanchezza e il sonno erano spesso più forti di loro, per
cui si addormentavano su una balla di tabacco".
Vi era poi un altro
fattore, estremamente importante, che contribuì a peggiorare bruscamente la
situazione degli operai. Si tratta della intensificazione del lavoro.
Gli
elevati ritmi di sviluppo economico stimolavano la crescita tecnica
dell'industria americana e la meccanizzazione dei processi produttivi. A sua
volta quest'ultima permetteva d'impiegare nell'industria il lavoro degli operai
non qualificati, costituiti per lo più da immigrati, su vasta scala e più a buon
mercato.
Di conseguenza i perfezionamenti tecnici non migliorarono la
situazione degli operai anzi, aumentarono il grado di tensione del lavoro fino a
renderlo fisicamente insopportabile, dato il mantenimento della giornata
lavorativa di 10-12 ore. Spesso gli operai erano addirittura costretti a
lavorare per ben 15 ore e, in alcuni settori, di domenica e in altri giorni
festivi.
Ecco perché, per gli operai americani la riduzione dell'orario di
lavoro divenne la rivendicazione più importante ed immediata.
Le azioni
antioperaie
Formalmente, negli USA, del diritto elettorale
usufruiva tutta la popolazione di sesso maschile, a partire dai 21 anni di età.
Ma, di fatto, oltre alle donne, totalmente prive del diritto elettorale, (le
donne americane hanno acquisito il diritto di voto solo nel 1920), erano privi
di tale diritto anche gli operai, per tutta una serie di limitazioni imposte
dalle costituzioni dei singoli Stati, le quali riducevano al minimo la
partecipazione operaia alle elezioni. Inoltre, il censo elettorale e la tassa
elettorale imposti negli Stati meridionali privavano quasi completamente del
diritto di voto la popolazione di colore. Il censo di stabilità residenziale,
elemento esistente in tutti gli Stati americani, limitava anch'esso in modo
considerevole il diritto di voto, poiché interessava non solo gli immigrati, ma
soprattutto i migranti i quali costituivano la parte essenziale del proletariato
americano di allora.
La borghesia americana utilizzava anche altri
metodi, al fine di isolare i lavoratori dalla politica o di sottometterli alla
propria influenza in questo campo. Negli Stati del Connecticut, di Rhode Island,
del Massachusetts, del Maine e del New Hampshire, ad esempio, grosse compagnie,
ricorrendo a grossolane pressioni, costringevano gli operai a votare per propri
candidati. Basti dire che a Manchester al termine delle votazioni le schede
degli operai erano aperte e controllate. Chi aveva votato contro la volontà del
padrone dell'azienda veniva immancabilmente licenziato.
Il diritto di
voto non era il solo ad essere stato ridotto al minimo per la maggior parte dei
lavoratori americani. Negli USA " ... non c'è legge - scrisse giustamente un
osservatore di allora, sul The North American Review - che garantisca al
lavoratore il suo diritto primario e più importante tra i diritti inalienabili
dell'uomo: il diritto dell'operaio a tutti i frutti del suo lavoro. Non c'è
legge che difenda questo diritto dalla rapina e dalla violenta invasione del
tiranno, cioè del capitale. Attualmente l'operaio non ha nessun diritto, col
quale il capitale sia costretto a fare i conti".
Nemmeno i sindacati
avevano "diritto di cittadinanza" negli USA. Nei principali Stati industriali la
creazione di organizzazioni operaie era proibita di fatto ed ogni attività in
questo senso era perseguitata. In Pennsylvania, ad esempio, per compiacere la
"Waverly Coal Company" le istanze giudiziarie trassero in arresto D. R. Jones,
presidente dell'Unione nazionale dei minatori e lo multarono per la sua attività
sindacale. Nell'Indiana, nel 1881, ogni attività diretta all'organizzazione di
scioperi era proibita, pena una multa di 100 dollari ed una detenzione
carceraria di 6 mesi. Le prescrizioni giudiziarie introdotte negli anni '70 e
che proibivano scioperi, picchettaggio e riunioni operaie, vennero estese nel
decennio successivo a qualsiasi forma di protesta operaia. Su richiesta dei
tribunali vennero compilate le cosiddette "liste nere", nelle quali venivano
iscritti in modo permanente i nomi di quegli operai che erano stati oggetto di
giudizio. La "Missouri Pacific" presentò ad esempio una lista di 470 nomi; liste
non meno imponenti furono presentate anche da altre compagnie.
La
crescita numerica del proletariato, la sua naturale tendenza ad organizzarsi ed
a lottare per i propri diritti, erano causa di panico tra la borghesia, la quale
era continuamente alla ricerca di nuovi metodi con cui schiacciare il movimento
operaio.
A tal fine, negli anni 1870 nelle varie città americane
cominciarono a nascere organizzazioni di imprenditori. Nel 1872, 400 capitalisti
di New York, versando ciascuno un contributo pari a 1.000 dollari, crearono un
fondo di lotta contro il movimento operaio per la riduzione della giornata
lavorativa. Negli ultimi decenni del XIX secolo sorsero varie associazioni del
genere.
A Chicago, nel 1877 i proprietari di aziende organizzarono
un'Associazione di cittadini per la lotta armata contro le organizzazioni
operaie. Nel 1885 questa associazione, con la partecipazione dei rappresentanti
di entrambi i partiti borghesi Repubblicano e Democratico istituì un "Comitato
di sicurezza pubblica", il cui scopo, come scrisse l'"Alarm", era "la difesa del
diritto alla proprietà e il consolidamento del sistema che concentra nelle mani
di una minoranza le fonti di sussistenza".
Nella primavera del 1886, 18
magnati ferroviari di Chicago crearono l'Associazione generale degli
imprenditori. Questa decise di non ridurre la giornata lavorativa per gli operai
delle ferrovie appartenenti ai membri dell'associazione e chiamò gli
imprenditori di tutti gli altri settori a seguire il suo esempio. I partecipanti
agli scioperi, nonché i membri di un sindacato operaio, furono registrati sulle
"liste nere", le quali impedivano ad un operaio licenziato, il cui nome vi fosse
incluso, di ottenere un'altra occupazione nell'intera regione di Chicago.
L'Associazione chiese inoltre ufficialmente che il Congresso degli USA
rafforzasse da parte sua le misure di repressione contro gli scioperanti.
Gli imprenditori della parte settentrionale della Nuova Inghilterra
convocarono appositi congressi annuali per discutere il sistema delle "liste
nere", sistema che gli operai di questo Stato dovettero combattere senza tregua
per più anni.
Un altro metodo che gli operai avevano battezzato "giuramento
di ferro" e di cui era iniziato l'applicazione negli anni '80, in molte aziende
di New York, consisteva in quanto segue: al momento di essere assunto, ogni
operaio doveva prestare "giuramento" per iscritto e affermare che non aveva mai
partecipato, e non avrebbe mai partecipato, ad una qualsiasi organizzazione
operaia.
Gli interessi della borghesia americana erano coerentemente
difesi dagli organi del potere statale, dai tribunali e dalla polizia. Al fine
di minare e sorvegliare le organizzazioni operaie, di incoraggiare le azioni dei
crumiri durante gli scioperi, gli imprenditori fecero ricorso anche agli
investigatori privati di Pinkerton.
Nonostante gli sforzi della classe
dirigente per prevenire la crescita del movimento operaio, il proletariato
americano stava diventando tuttavia una forza sempre più imponente, con cui non
si poteva più evitare di fare i conti.
Ai primi successi circa la
creazione di una legislazione sul lavoro (la prima legge sulla protezione del
lavoro fu approvata nel 1877 nello Stato del Massachusetts), si arrivò grazie
agli interventi delle organizzazioni della classe operaia all'inizio degli anni
1880. Come risulta dal resoconto del commissario governativo per le questioni
del lavoro, negli anni 1882-1883 la relativa legislazione si allargò
notevolmente, grazie all'approvazione, in primo luogo, di leggi relative alla
protezione del lavoro.
Un'importantissima vittoria di principio della classe
operaia fu il riconoscimento del diritto di quest'ultima di creare proprie
organizzazioni. Le relative leggi vennero approvate negli anni 1882 e 1885 in
molti Stati industriali del paese.
L'inasprimento delle contraddizioni
di classe verso la metà degli anni 1880 portò alla creazione di una commissione
senatoriale per le questioni del lavoro e dell'istruzione. Durante il dibattito,
al Congresso, sul summenzionato progetto di legge, relativo alla creazione di un
Ufficio di statistica operaia, il congressista del Missouri Bland chiese
giustamente che un operaio fosse designato a capo dell'Ufficio poiché in caso
contrario, dichiarò Bland, tale nomina sarebbe stata dettata dagli interessi del
capitale. Ma a maggioranza di voti l'emendamento Bland venne rigettato e il
tutto finì, ancora una volta, nelle mani dei rappresentanti della borghesia.
Le prime leggi operaie approvate grazie all'azione delle masse
lavoratrici, restavano tuttavia una notevole conquista delle stesse.
Le
prime grosse unioni professionali ed altre unioni operaie a livello nazionale e
internazionale apparvero dopo la guerra civile. Negli anni della crisi economica
1882-1885 sorsero organizzazioni sindacali unificate nei più grossi centri
industriali del paese: New York, Chicago, Cincinnati, Detroit.
Alla vigilia del maggio
1886
Il movimento operaio di massa stava crescendo. Con
l'approfondirsi della crisi economica ed il peggioramento della situazione in
cui versava la classe operaia, le rivendicazioni di aumenti salariali, di
cessazione dei licenziamenti, di riconoscimento delle organizzazioni operaie,
assunsero un'importanza immediata. La lotta per la riduzione della durata della
settimana lavorativa, lotta che aveva occupato un posto di primaria importanza
nell'attività del movimento negli anni '80, assunse nel 1886 un carattere
particolarmente acuto e sfociò in uno sciopero generale. Trovavano così la loro
conferma le parole di Marx per cui nella storia della produzione capitalista, la
limitazione della giornata lavorativa si presentava come una lotta per i limiti
di quest'ultima, una lotta cioè tra il capitalista totale, ossia la classe dei
capitalisti, e l'operaio totale, ossia la classe operaia.
Se il limite
che potevano sognare e per il quale si erano battuti gli operai
dell'Inghilterra, della Francia e di altri paesi europei nella prima metà del
XIX secolo era una giornata lavorativa di 10 12 ore, nella seconda metà del
secolo il proletariato cominciò a battersi per una giornata lavorativa di 8 ore
poiché una tale durata corrispondeva nel modo migliore alle condizioni
tecnologiche e socio-psicologiche di lavoro dell'operaio.
Dall'inizio degli
anni '80, le battaglie di massa degli operai americani si trasformarono in una
lotta a livello nazionale per l'attuazione di questa rivendicazione. Come si
legge nel relativo rapporto dell'Ufficio di statistica operaia: "Mai prima d'ora
gli operai avevano mostrato tanto zelo e risolutezza nel loro intento di
conseguire una riduzione dell'orario di lavoro".
Sempre secondo i dati
forniti dall'ufficio di statistica operaia nel 1886 il numero dei partecipanti a
tali manifestazioni aumentò di circa 12 volte. Solo allo sciopero generale
indetto per il maggio del 1886, in favore di una giornata lavorativa di 8 ore,
parteciparono 320 mila persone. Alla manifestazione presero parte operai membri
di organizzazioni e no, operai qualificati, poco qualificati ed operai privi di
qualsiasi qualifica, perai di origine americana ed immigrati.
Fu questa la
prima manifestazione di massa del proletariato industriale quale classe a
livello nazionale, la prima nella storia degli Stati Uniti.
Lo sciopero
generale del 1886 fu preceduto da un'espansione del movimento di sciopero: se
nel 1881 il numero degli scioperanti era pari a 130.000 persone, nel 1886 questo
superò i 610.000.
Il maggior numero di scioperi si ebbe negli Stati più
industrializzati: New York, Pennsylvania, Massachusetts, Ohio, Illinois.
Uno
dei primi scioperi di grande portata venne organizzato dai metallurgici degli
Stati occidentali del paese verso la metà del 1882. Lo sciopero fu proclamato
dall'Associazione unitaria dei metallurgici.
Aderirono allo sciopero
metallurgici e minatori, ferrovieri e caricatori, telegrafisti e tessitori.
Negli anni 1884-1885 gli scioperi colpirono tutte le linee ferroviarie del
magnate Gould, senza alcuna eccezione. Gould passò alla controffensiva e già nel
gennaio del 1886 la compagnia chiuse molte delle sue officine di riparazione di
vagoni ferroviari sulla ferrovia di Wabash. Operazioni analoghe furono ripetute
più volte sino alla primavera. Come ebbe a sottolineare il "Chicago Tribune", la
compagnia si proponeva di sbarazzarsi di quegli operai che manifestavano la
massima attività politica.
Per tutta risposta, il 1° marzo 1886 ebbe inizio
il più grosso sciopero nella storia degli USA.
Quasi contemporaneamente
fu indetto un altro grosso sciopero, i cui partecipanti non rivendicavano
soltanto i propri diritti economici, ma anche il diritto di organizzarsi e di
condurre trattative collettive con i capitalisti. Lo sciopero fu organizzato nel
più grande stabilimento per la produzione di macchine agricole di proprietà di
McCormick a Chicago. L'azienda, nella quale lavoravano circa 2 mila operai,
produceva 18-20 mila macchine agricole l'anno. La maggior parte degli operai
aveva aderito ai sindacati dei formatori, dei macchinisti e alle assemblee dei
Cavalieri del lavoro, esprimendo in modo organizzato la loro insoddisfazione per
bassi salari percepiti, la lunga giornata lavorativa (10-12 ore), l'arbitrio del
padronato. L'amministrazione aziendale non nascondeva il suo scontento circa
questo stato di cose.
Ancora nel gennaio del 1885 la compagnia ridusse
ulteriormente i salari, promettendo però di rielevarli a partire dal 1° marzo.
Quando la promessa non venne mantenuta, a fine marzo i formatori dell'azienda, i
primi ad aver subito la riduzione dei salari, si misero in sciopero. A questi si
unirono i macchinisti e i rappresentanti di altre professioni e, il 7 aprile, il
resto degli operai. Bene organizzati, questi ultimi agivano sotto la guida di un
comitato di sciopero.
McCormick assunse allora altro personale, disposto a
lavorare, il quale venne trasportato nottetempo in barca allo stabilimento. Da
qui il nuovo personale non era fatto uscire neanche fuori dai turni di lavoro:
si temeva l'indignazione degli scioperanti. Vennero chiamati sul posto anche
agenti privati. In uno scontro con gli operai in sciopero, questi agenti
ferirono gravemente uno degli scioperanti, dopo di che gli scioperanti
riuscirono a disarmarli.
La situazione divenne incandescente. Il 10
aprile il soprintendente Averill invitò gli operai a revocare lo sciopero, ma
senza successo. Lo stesso giorno, il sindacato dei regolatori del traffico
espresse il proprio rifiuto di occuparsi delle operazioni di trasporto dei
prodotti degli stabilimenti McCormick, decidendo inoltre di dare 1.000 dollari
agli scioperanti quale aiuto materiale. "Questi avvenimenti hanno fortemente
colpito la compagnia", scrisse l'"Alarm". L'11 aprile Averill fu costretto ad
accettare la richiesta degli operai relativa ai salari, a riconoscere i
sindacati ed a cessare ogni discriminazione contro gli attivisti sindacali.
Ma l'amministrazione non rimase fedele a lungo alle proprie promesse.
Alcuni mesi più tardi i licenziamenti di operai, membri dei sindacati, ripresero
a pieno ritmo. All'inizio del 1886 gli operai espressero più volte, apertamente,
la propria indignazione al riguardo. McCormick annunciò allora una serrata e il
16 febbraio 1.400 operai furono buttati sul lastrico.
Quello stesso
giorno gli operai proclamarono un nuovo sciopero. Il 22 febbraio fu eletto un
comitato dei rappresentanti di tutte le organizzazioni operaie e, il giorno
dopo, gli operai ne approvarono il piano d'azione e le principali rivendicazioni
da presentare a McCormick. Questo programma prevedeva l'unità d'azione di tutti
gli operai, indipendentemente dalla loro qualifica e dall'organizzazione a cui
appartenevano (Cavalieri del lavoro o sindacati di categoria) la cessazione
della serrata quale condizione preliminare alle trattative con la compagnia e la
garanzia da parte di quest'ultima a non procedere contro i partecipanti al
movimento operaio organizzato.
Con la brutalità che gli era propria,
McCormick rifiutò tuttavia di negoziare con il comitato di sciopero. I portoni
dello stabilimento rimasero chiusi sino alla fine del mese, quando McCormick
annunciò che a partire dal 1° marzo avrebbero potuto riprendere il lavoro 300
operai. "Assumeremo chi vorremo - dichiarò - e nel numero di cui avremo
bisogno".
Il 1° marzo la compagnia comprò le prestazioni di crumiri ed
assunse inoltre un gran numero di agenti privati. Arrivarono anche 400
poliziotti, i quali, quello stesso giorno, fecero disperdere un grande comizio
di operai al quale erano intervenuti Parsons e Schwab. L'indignazione degli
scioperanti crebbe e sorse il pericolo di uno scontro diretto con la polizia.
Sulle sue pagine il "Chicago Tribune" si domandò: "Si spargerà del sangue?"
In seguito la battaglia degli operai degli stabilimenti McCormick si fuse
con la lotta di tutto il proletariato americano.
Comunque, sin
dall'inizio la lotta per una giornata lavorativa di 8 ore fu priva di una guida
unitaria, dipendendo, in ogni caso isolato, in ogni città o circoscrizione,
dall'iniziativa delle organizzazioni locali, così la lotta ne risultava
indebolita, anche se inizialmente gli operai erano riusciti a conseguire
risultati abbastanza rassicuranti.
Le sue lotte più decise il proletariato
le ingaggiò nei grossi centri industriali: Chicago, Milwaukee, New York,
Cincinnati, Baltimora, dove erano accompagnate di regola dalla spontanea
comparsa di sempre nuove organizzazioni operaie, spesso impossibili a dirigersi.
Nell'Illinois, dove all'inizio del 1885 operavano ad esempio già 140 Trade
Unions, nei diciotto mesi che seguirono ne sorsero altre 140.
La
manifestazione generale degli operai in favore delle otto ore era stata indetta
per il primo maggio.
Nel giro di pochi giorni a Chicago vennero addirittura
istituite assemblee di lattonieri, imbianchini, bottai. Le assemblee generali di
queste unioni decisero all'unanimità di partecipare alla lotta per una giornata
lavorativa di 8 ore. Con la stessa risoluzione, verso la metà di aprile crearono
proprie organizzazioni anche i portatori di materiali da costruzione (furono
create due organizzazioni, una inglese e l'altra tedesca), i caldaisti, i
lavoratori ortofrutticoli, i fabbricanti di botti per birra e i tappezzieri,
mentre si consolidarono notevolmente le unioni degli stagnai, dei muratori, ecc.
In quei giorni Parsons era l'anima stessa degli operai.
A Detroit,
unioni ed assemblee organizzate si rivolsero alle autorità locali, chiedendo la
riduzione degli orari di lavoro. Lo stesso fecero l'Unione operaia centrale di
Evansville (Indiana), nonché i minatori della Pennsylvania i quali avevano
fondato una consistente e forte Associazione per la difesa dei diritti dei
minatori di carbone, la quale insisteva sull'introduzione di una giornata
lavorativa di 8 ore senza riduzioni salariali. Al fine di favorire la lotta per
l'attuazione di questa rivendicazione, a Baltimora 1.500 conduttori di mezzi di
trasporto urbani istituirono assemblee dei Cavalieri del lavoro. La stessa
richiesta venne avanzata da tutte le assemblee e unioni operaie di Baltimora, di
cui facevano parte i meccanici.
Nella loro lotta gli operai ricorrevano
spesso a scioperi, costringendo in tal modo gli imprenditori ad acconsentire a
determinate concessioni. Quasi ovunque, i lavoratori di tabacco, i quali avevano
agito in modo organizzato in tutti i grossi centri di questo settore produttivo,
e in primo luogo New York, si videro concedere ad esempio una giornata
lavorativa di 8 ore, seguiti, nel gennaio del 1886, da 2 mila tagliapietre di
Chicago. Nel mese di febbraio fu costretta ad acconsentire a concessioni la
"Street Railway Company" di Minneapolis, la quale dovette ridurre la durata
della giornata di lavoro e aumentare i salari. Le richieste degli operai vennero
soddisfatte anche nei calzaturifici di Milwaukee e negli stabilimenti della
"Studebaker" nella città di South Bend (Indiana).
Fu coronato da
successo anche il più grosso sciopero dei conduttori di mezzi di trasporto di
New York, nel corso del quale il traffico urbano era rimasto sospeso quasi
completamente per alcuni giorni. I proprietari non potevano neanche ricorrere
alle prestazioni di crumiri: durante lo sciopero i conducenti non abbandonarono
le macchine. Dopo una riunione d'emergenza, nel corso della quale gli
imprenditori non seppero concordare misure atte a reprimere lo sciopero, la
maggiore compagnia del settore, la "Atlantic Avenue Railroad of Brooklyn"
accettò le richieste dei lavoratori per l'introduzione di una giornata
lavorativa di 12 ore (precedentemente gli operai erano costretti a lavorare
16-18 ore) e di aumenti salariali. Successivamente scesero a patti anche altre
compagnie.
La vittoria degli operai di New York riempì di speranza i loro
colleghi di altre città. Anche i conducenti di automezzi di Baltimora chiesero
una riduzione della giornata lavorativa e gli imprenditori accettarono la loro
richiesta.
Esprimendo il risentimento e lo sdegno degli imprenditori,
ecco cosa scrisse il "New York Times" a proposito di questi avvenimenti: "Simili
esplosioni di rabbia possono essere combattute solo qualora si agisca
prontamente e con energia. Le azioni altezzose ed illegali delle organizzazioni
operaie sono diventate un tale pericolo per il capitale e per l'attività
imprenditoriale da causare ormai danni illimitati a tutti gli interessi
industriali del paese. Ad ogni azione illegale da parte degli operai dovrebbe
seguire immediatamente una rigorosa punizione. Questo servirebbe loro di
lezione".
Non tutti, quindi, come si vede, si piegarono in seguito alla
pressione degli scioperanti. Verso la fine di aprile una riduzione degli orari
di lavoro era stata conseguita solo da 30 mila lavoratori circa e solo una parte
di questi ultimi riuscì a costringere gli imprenditori ad introdurre una
giornata lavorativa di 8 ore.
L'offensiva decisiva, volta a strappare questa
concessione per tutti gli operai, doveva iniziare, come si è già detto, il 1°
maggio. A questo giorno di lotta si preparava il proletariato di tutto il paese.
Il 12 aprile l'Unione operaia centrale di New York approvò una risoluzione in
cui invitava tutti i lavoratori, membri di organizzazioni e non, a partecipare
al movimento del primo maggio per l'introduzione di una giornata lavorativa di 8
ore.
I preparativi allo sciopero del 1° maggio assunsero dimensioni
enormi a Chicago, uno dei più grossi centri industriali degli USA, dove alla
testa del movimento c'erano anarco-sindacalisti. Benché avessero dovuto
combattere su tre fronti (contro gli imprenditori, contro gli anarchici
sostenitori di Most, i quali si rifiutavano di partecipare a questo movimento, e
contro i dirigenti sindacali opportunisti dell'Assemblea delle Trade Unions e
delle unioni operaie di Chicago) gli anarco-sindacalisti seppero guidare il
proletariato di Chicago e lo aiutarono moltissimo. Il gruppo con a capo Parsons
aderì alla lotta per una giornata lavorativa di 8 ore "in primo luogo perché
questa si presentava come il movimento di tutta una classe contro l'oppressione,
il che la rendeva un movimento storicamente progressista e necessario, e in
secondo luogo perché noi non volevamo starcene in disparte e non essere compresi
dai nostri fratelli operai (Ph. Foner: History of
the Labor Movement in the United States".
L'Unione operaia
centrale di Chicago accettò la risoluzione proposta da Spies sulla
partecipazione al movimento nazionale. Lo annunciò il 17 ottobre, l'"Alarm", che
da quel giorno divenne una tribuna battagliera di lotte per la riduzione degli
orari di lavoro.
Verso la fine del 1885, inizio del 1886, Parsons, Spies,
Schwab e Fielden svolsero decine di comizi negli Stati del Middle West,
spiegando l'importanza di una partecipazione unanime di tutto il proletariato
alla manifestazione del primo maggio.
Alla riunione dell'assemblea dei
Cavalieri del lavoro dello Stato dell'Illinois, già all'inizio del gennaio 1886,
sotto l'influenza del gruppo di Parsons venne elaborato il piano di una campagna
propagandistica per la riduzione della giornata lavorativa. Verso la fine di
marzo Spies organizzò una riunione dell'unione degli orologiai, una delle più
consistenti numericamente, nel corso della quale pronunciò un discorso in
tedesco e in inglese. Un altro oratore parlò in russo. Venne messo a punto un
concreto piano di azione. Nel corso della stessa riunione Parsons e Neebe
aiutarono gli operai della macelleria di Chicago, i quali lavoravano 14-16 ore
al giorno per un salario bassissimo, a creare un proprio sindacato che espresse
prontamente la sua disponibilità a battersi per una riduzione della durata della
giornata lavorativa.
Sotto l'influenza degli anarco-sindacalisti,
l'Unione operaia centrale di Chicago invitò risolutamente gli operai a non
cedere a nessun compromesso. L'Unione smascherò l'incoerente politica dei leader
dell'assemblea delle Trade Unions e delle unioni operaie di Chicago, i quali,
scendendo a compromesso con i capitalisti, avevano acconsentito alla loro
richiesta di sacrificare parte del salario in cambio dell'introduzione di una
giornata lavorativa di 8 ore ed avevano dichiarato che una tale disponibilità al
sacrificio da parte degli operai sarebbe stata accolta con comprensione dai
datori di lavoro. Spies e Parsons, invece, invitarono gli operai alla vigilanza,
mettendoli in guardia contro simili illusioni.
La netta differenza tra
quest'ultima posizione e la linea della summenzionata assemblea era sottolineata
anche dalla stampa ufficiosa, la quale definiva "moderate" le vedute delle Trade
Unions e "comunista" il punto di vista di Spies, Parsons, Schwab ed altri. A
questi ultimi si rimproverava il fatto che nella lotta contro gli imprenditori
essi erano fautori di azioni risolute.
La prima manifestazione generale
degli operai di Chicago, che il "Chicago Tribune" definì "la prima sparatoria"
della campagna ormai in corso, ebbe luogo il 15 marzo 1886. Gli operai
convennero nella West Side Turner Hall recando cartelloni di protesta contro il
lavoro minorile, per l'uguaglianza generale ed una giornata lavorativa di 8 ore.
La sala, la cui capacità era di 2 mila posti, accolse un numero addirittura
doppio di operai, mentre altri 2 o 3 mila che non avevano potuto entrarvi
organizzarono un comizio nelle strade adiacenti.
Il 10 aprile si tenne
un'ancora più numerosa manifestazione degli operai di Chicago. Questa volta
riuscirono ad entrare nella sala ben 7 mila persone, comunque, ancora una volta,
alcune migliaia di operai restarono fuori. Come nel corso della manifestazione
precedente, anche in quell'occasione i sindacati giunsero sul posto in modo
organizzato. I partecipanti alla manifestazione chiesero la cessazione
dell'arbitrio del patronato negli stabilimenti McCormick, espressero il proprio
appoggio ai caricatori in sciopero ed approvarono una risoluzione che denunciava
con sdegno le azioni antioperaie di Gould.
Simultaneamente si andavano
però consolidando anche le forze opposte. Gli imprenditori si preparavano
infatti minuziosamente agli imminenti avvenimenti, aiutati nella loro
preparazione dal fatto di avere a loro disposizione non solo i giornali, ma
anche l'organizzazione di Pinkerton, e i crumiri e di essere infine appoggiati
dalle autorità, dall'esercito e dalla polizia. In una serie di città e di Stati
fu addirittura deciso di acquartierare o rinforzare le esistenti guarnigioni.
Una simile misura venne adottata a Chicago già nel gennaio del 1886. In
maggio la polizia di questa città era già in pieno assetto di guerra e, come se
non bastasse, circa 1.500 soldati della locale guarnigione erano stati
equipaggiati in modo da poter reprimere immediatamente eventuali disordini. La
cosiddetta Associazione civile si trovava praticamente in uno stato di riunione
permanente. In essa i magnati di Chicago erano occupati nella messa a punto di
un piano d'azione, in vista di quanto le circostanze avrebbero potuto
richiedere.
La minaccia di uno sciopero generale costrinse gli
imprenditori a mettere temporaneamente in secondo piano le proprie ostilità
concorrenziali ed altre divergenze. Cercando non solo di prevenire lo sciopero,
ma anche di privare gli operai del diritto di organizzarlo, i proprietari di 49
grosse fabbriche tessili della Nuova Inghilterra formarono una propria
associazione. Verso la fine di aprile nacque anche l'Associazione dei
proprietari di 175 fabbriche di mobili, la cui prima azione fu di respingere la
richiesta dei lavoratori per una giornata lavorativa di 8 ore e per aumenti
salariali. Particolarmente cinico fu l'atteggiamento dell'Associazione verso gli
operai delle fabbriche di mobili di Chicago e dintorni. L'associazione fece
infatti sapere agli operai che gli imprenditori erano pronti a rispondere alle
loro azioni con una serrata e che non sarebbe loro importato granché se essi
avessero abbandonato le fabbriche. Riunirono i loro sforzi anche i proprietari
di acciaierie, di miniere e di fabbriche di birra.
Verso la fine di
aprile la borghesia intensificò in modo particolare la propria offensiva di
"ammonimento" contro gli operai. In quella determinata occasione la borghesia
non riuscì però nel proprio intento. Quando ad esempio i proprietari di tutti i
calzaturifici dell'Ovest annunciarono che, come era stato "accertato" nel corso
di una riunione, i salari degli operai erano già "sufficientemente alti", benché
il presidente dell'Associazione insistesse perché gli operai rinunciassero alla
loro richiesta di una giornata lavorativa di 8 ore con una retribuzione pari a
quella di 10 ore di lavoro, 15 mila operai continuarono tenacemente a
rivendicare tale richiesta. Non furono coronati da successo nemmeno gli sforzi
dell'Associazione dei proprietari di macelleria di Chicago, la quale pose come
condizione alla conduzione di trattative con gli operai l'uscita del sindacato
di queste aziende dall'Unione operaia centrale di Chicago.
Una chiassosa
campagna antioperaia venne allora organizzata dalla stampa. Se nei mesi
precedenti questa aveva pubblicato talvolta le assicurazioni demagogiche di
singoli imprenditori sulla loro "comprensione" dei problemi degli operai e sulla
"simpatia" che essi provavano nei confronti di questi ultimi, man mano che
l'atmosfera si faceva sempre più acuta la "grande stampa" cominciò a prendere le
difese dei capitalisti in modo totale.
I giornali espressero la loro
indignazione di fronte alle "eccessive" richieste degli operai, attaccarono
verbalmente "socialisti, anarchici e comunisti", chiesero l'attuazione di
rappresaglie contro i partecipanti al movimento operaio per l'introduzione delle
8 ore lavorative. "La questione dello sciopero - scrisse ad esempio il "Chicago
Tribune" - è certamente la più importante e la più sgradevole... È necessario
presentare un'accusa di congiura contro ogni scioperante e procedere
immediatamente ad arrestarlo. Questo metodo seminerebbe indubbiamente un
benefico terrore nel cuore della classe operaia. Come secondo metodo si
potrebbero catturare i capi del movimento ed agire nei loro confronti in modo da
intimidire tutti gli altri e costringerli all'obbedienza". Anche il "New York
Tribune" si pronunciava categoricamente contro gli scioperi e più generalmente
contro qualsiasi azione delle organizzazioni operaie.
Verso la fine di
aprile, l'acutezza delle contraddizioni di classe raggiunse un livello tale da
provocare serie preoccupazioni nei circoli dirigenti degli USA.
Il 22 aprile
il presidente Cleveland indirizzò un messaggio al Congresso, il primo, nella
storia degli Stati Uniti, nel quale si toccava in modo speciale il problema
operaio. Esprimendo il proprio allarme per i conflitti insorti tra operai e
imprenditori, il presidente Cleveland tentò chiaramente di apparire imparziale.
Il malcontento degli operai,. dichiarò il presidente, era provocato in misura
notevole dalla sfrenata avidità e dalle eccessive richieste del padronato.
Egli si atteggiò addirittura a difensore dei lavoratori, affermando che il
lavoro degli operai contribuiva al benessere nazionale, per cui essi avevano il
diritto di insistere affinché i legislatori prendessero in considerazione i loro
interessi, al pari degli interessi delle altre categorie di cittadini...
Ma
quanto alla vera posizione delle autorità, questa si manifestò pienamente nel
corso dei successivi avvenimenti.
Chicago, maggio 1886
Già verso la
fine di aprile, la richiesta delle 8 ore lavorative, o almeno della riduzione
degli orari di lavoro, era stata dunque avanzata dalla maggior parte delle
organizzazioni operaie. Molti insistevano anche sulla necessità di ottenere dal
padronato determinati aumenti salariali, sul riconoscimento dei sindacati, ecc.
Come si è già rilevato, questo movimento, assunse dimensioni considerevoli nei
maggiori centri industriali del paese: Chicago, New York, Milwaukee, Cincinnati
e Baltimora, dove esistevano forti organizzazioni operaie locali. Verso i primi
di maggio alla lotta avevano aderito 340 mila lavoratori. Di questi 150 mila
conseguirono una riduzione della durata della giornata lavorativa senza dover
nemmeno ricorrere a un nuovo sciopero; parte degli imprenditori acconsentirono
infatti a determinate concessioni sin dall'inizio, gli altri 190 mila operai si
misero invece in sciopero. "Gli scioperi si alternano in continuazione", fu il
titolo di uno degli articoli di fondo del "New York Tribune".
Il 1°
maggio, come era stato progettato, segnò l'inizio di una manifestazione generale
del proletariato americano. Nonostante la mancanza di una direzione unitaria, la
lotta assunse subito un risoluto carattere di massa.
A New York l'Unione
operaia centrale indisse per il primo maggio una manifestazione generale con la
rivendicazione della riduzione dell'orario di lavoro. Dalle sei di sera,
migliaia di persone cominciarono ad affluire ad Union Square. Gli operai vi
giungevano ordinatamente, recando bandiere, cartelloni e striscioni.
Complessivamente si riunirono in Union Square oltre 20 mila persone. In segno di
protesta, alla manifestazione parteciparono anche quegli operai che avevano già
ottenuto una giornata lavorativa di 8 ore.
Sulle tribune, l'uno dopo
l'altro salivano gli oratori, i quali, a nome delle rispettive organizzazioni,
esprimevano il loro appoggio per il movimento in favore di una riduzione
dell'orario di lavoro. Tra di essi vi erano esponenti sindacali e anche
socialisti. Il comizio si svolgeva in un'atmosfera di calma. Una certa
commozione fu provocata solo dall'arrivo dei poliziotti. Sulle prime ne
arrivarono solo poco più di un migliaio, poi arrivarono i rinforzi. Nonostante
la presenza dei poliziotti, i quali avevano seguito speciali corsi di
addestramento in vista di "circostanze eccezionali", gli operai portarono a
termine il comizio in modo del tutto organizzato. Nei giorni successivi a New
York si riunirono altre assemblee. Poiché la maggior parte degli imprenditori si
rifiutarono di cedere alle richieste degli operai, 45 mila operai newyorchesi
indissero uno sciopero, in seguito al quale gran parte degli scioperanti ottenne
la richiesta riduzione dell'orario di lavoro.
I primi avvenimenti
allarmanti ebbero luogo a Milwaukee, quando si venne a sapere che gli
industriali di questa città avevano fino ad allora completamente ignorato le
richieste degli operai. I lavoratori reagirono, organizzando manifestazioni e
scioperi di massa. Il 1° maggio scioperarono oltre 10 mila uomini. In serata le
vie della città si riempirono di gente, per lo più di scioperanti.
Alcune
ditte acconsentirono allora a certe concessioni, ma la lotta continuò.
L'atmosfera rischiava di divenire incandescente. Gli imprenditori ed i
poliziotti decisero allora di inscenare una provocazione. Saputo che una
manifestazione cittadina generale era stata indetta per il 3 maggio, misero in
giro voci per cui i socialisti sarebbero stati in possesso di armi. Il giorno
della manifestazione, i poliziotti, pretendendo di agire per autodifesa, fecero
uso di armi da fuoco. Alcuni operai rimasero uccisi.
L'indignazione
stava crescendo, ma i lavoratori tenevano duro al fine di impedire un generale
spargimento di sangue. Il giorno successivo alla manifestazione, reparti
organizzati di alcune centinaia di uomini ciascuno, cominciarono a girare per
tutte le aziende della città per preparare lo sciopero generale.
Il
governatore del Wisconsin, Rusk, convocò d'urgenza i propri funzionari, nonché
gli imprenditori, per consultazioni circa "misure d'emergenza" da prendere. Nel
frattempo, facendo uso di manganelli la polizia cominciò a disperdere gli
operai. Simultaneamente il sindaco e sceriffo di Milwaukee chiese al governatore
Rusk che gli fosse immediatamente prestato aiuto militare. "Ritengo impossibile
mantenere la pace nella circoscrizione e difendere la proprietà con i mezzi a
mia disposizione".
Il governatore inviò a Milwaukee ingenti forze
armate. Apposite unità militari giunsero nella regione di Bay View, dove si
accinsero a difendere la proprietà dei legittimi possessori dei locali
stabilimenti metallurgici. In modo ordinato gli operai si diressero verso la
sede della compagnia percorrendo le strade della città. Quando la loro richiesta
per una giornata lavorativa di 8 ore venne declinata, il comitato di sciopero
dichiarò lo sciopero. La compagnia rispose minacciando di licenziare tutti gli
operai. Venne subito organizzato un comizio. I poliziotti cominciarono a premere
sugli operai, mentre al tempo stesso le truppe cominciarono a sparare. Alcune
persone rimasero uccise.
Il 6 maggio la polizia e le truppe riuscirono a
sopprimere la manifestazione dei lavoratori. I dirigenti delle organizzazioni
operaie e i membri dei comitati di sciopero furono tratti in arresto.
Il
movimento però non si affievolì; al contrario, esso continuò a crescere.
Ormai, centro del movimento era divenuto Chicago.
In questa città
avevano avuto luogo scioperi già prima del primo maggio. Uno di essi, negli
stabilimenti McCormick, fu seguito da una serrata e durò alcune settimane.
Verso la fine di aprile avevano cominciato la loro battaglia anche i
caricatori delle principali ferrovie dell'Ovest. Dopo aver creato la propria
organizzazione, essi elessero un comitato di sciopero, il quale presentò agli
imprenditori, a nome loro, la richiesta di una giornata lavorativa di 8 ore
senza nessuna riduzione di salario. I proprietari delle compagnie ferroviarie,
uniti in un'Associazione generale, risposero con un rifiuto. Il 30 aprile i
caricatori si misero in sciopero e verso il 4 maggio a questo sciopero avevano
già aderito oltre duemilacinquecento lavoratori.
Dopo il rifiuto della
compagnia di acconsentire alle loro richieste, i caricatori dell'"Illinois
Central" cessarono il lavoro e convocarono subito un comizio. L'operaio Dick
Grady invitò i partecipanti al comizio ad aderire al sindacato dei caricatori,
il quale faceva parte dell'Ordine dei cavalieri del lavoro, e a dichiarare
battaglia agli imprenditori. Sebbene un portavoce della compagnia avesse
minacciato licenziamenti, gli operai non si lasciarono intimidire. I caricatori,
nonché gli impiegati addetti alla registrazione dei carichi, si recarono
ordinatamente alla sede del comitato sindacale.
Gli imprenditori
assoldarono dei crumiri, costringendoli ad effettuare lavori di carico-scarico e
impiegatizi, protetti da reparti di polizia. Le principali linee ferroviarie
rimasero tuttavia ferme.
Presto la situazione divenne ancora più complicata
per gli imprenditori, quando anche gli scambisti, in segno di solidarietà con
gli scioperanti, si rifiutarono di controllare il traffico dei convogli caricati
dai crumiri. Parte degli imprenditori cominciò allora a pensare di acconsentire
ad alcune rivendicazioni degli scioperanti. La maggioranza degli imprenditori si
rifiutò però di compiere un tale passo. Fu deciso anzi di proseguire la lotta
contro gli operai, ricorrendo a tutti i mezzi possibili; in particolare si
procedette a rinforzare i reparti di polizia, ad includere gli scioperanti nelle
liste nere e a chiedere al Congresso l'"adozione di misure".
Verso la fine
di aprile si levarono anche gli operai delle aziende ferroviarie e di alcune
segherie, della rete del gas e gli idraulici. Il movimento in favore delle 8 ore
lavorative si estese anche a tutta l'industria conserviera di carne di Chicago.
Il 1° maggio allo sciopero aderirono altri 30 mila operai, occupati nei
più grossi mobilifici, nonché nelle aziende siderurgiche, per la produzione di
rame e di lavorazione del legno. Era in aumento anche il numero dei partecipanti
a manifestazioni e comizi. il primo maggio ben due terzi delle aziende
industriali di Chicago furono ridotti all'immobilità. La vita economica del
paese fu paralizzata: il commercio, le operazioni finanziarie, tutto era fermo.
L'Unione operaia centrale convocò un comizio al quale presero parte 25 mila
operai. Tra gli oratori vi furono anche Spies, Parsons, Fielden e Schwab, i
quali incitarono gli operai a difendere con tenacia i propri interessi, ad agire
con decisione e coraggio.
Dai primissimi giorni dello sciopero generale,
l'arbitrio delle autorità nei confronti degli scioperanti volevano chiaramente
spingere questi ultimi a compiere anche azioni che potevano servire da pretesto
per rappresaglie di massa. "Ovunque le classi privilegiate facevano ricorso alla
violenza contro il popolo - si diceva di questi abusi in un libro di memorie
edito molti anni dopo - sebbene al tempo stesso protestassero persino contro
l'idea che si potesse usare violenza nei loro stessi confronti. Bastoni ed armi
da fuoco vennero impiegati molto spesso contro gli operai di Chicago". Qui "le
forze della legge e dell'ordine, la milizia e la polizia, nonché le
organizzazioni private di tagliatesta armati... davano prova di straordinaria
atrocità".
Cercando di non lasciarsi provocare, nel corso delle loro
lotte gli scioperanti mantennero organizzazione e fermezza. Essi chiedevano che
fosse posto fine agli eccessi della polizia. In segno di protesta contro
l'arbitrio delle autorità, 12 mila persone si riunirono per un comizio davanti
agli stabilimenti McCormick, al quale parlarono Parsons e Schwab.
La
polizia comunque non si astenne dall'usare la solita procedura. La situazione
non cambiò nemmeno il 3 maggio, quando il sindacato organizzò una riunione degli
scioperanti poco lontano dagli stabilimenti McCormick, al fine di elaborare le
rivendicazioni da presentare agli imprenditori. Su richiesta degli operai,
l'Unione operaia centrale inviò il proprio rappresentante, Spies, al comizio.
L'oratore socialista non riuscì però a terminare il proprio discorso. Proprio
quando Spies doveva parlare dalla tribuna, infatti, negli stabilimenti McCormick
terminò il turno diurno di lavoro e dagli stabilimenti cominciarono ad uscire i
crumiri e la loro comparsa provocò un'ondata di indignazione tra gli
scioperanti.
Fu allora che la polizia, chiamata sul luogo dai padroni,
cominciò a sparare su tutti i partecipanti al comizio. Sei furono gli uccisi,
molti i feriti.
Quello stesso giorno Spies scrisse un articolo pieno di
amarezza e di sdegno, nel quale chiamò assassini gli imprenditori e la polizia.
Rivolgendosi agli operai egli scrisse: "I vostri padroni hanno scagliato contro
di voi i loro cani da guardia, poliziotti che hanno ucciso sei dei vostri
fratelli davanti agli stabilimenti McCormick... Essi sono stati uccisi perché,
come voi, avevano avuto il coraggio di disubbidire alla volontà dei propri
padroni. Sono stati uccisi perché avevano osato chiedere una riduzione
dell'orario di lavoro. Li hanno uccisi per mostrare a voi, "cittadini liberi
d'America", che dovete essere soddisfatti e contenti di quanto i padroni
acconsentiranno a concedervi; in caso contrario uccideranno anche voi. Da molti
anni voi subite una forma estrema di umiliazione; da molti anni soffrite a causa
di gravi malattie... Se davvero siete uomini, figli dei vostri avi, i quali non
esitarono a dare il proprio sangue perché voi foste liberi, se è così, allora
neanche voi esiterete a levare le vostre gigantesche forze e distruggerete il
mostro ripugnante che vi vuole distruggere".
Quando più di un migliaio
di copie di questo articolo di Spies vennero diffuse tra i partecipanti a
numerose assemblee operaie tenutesi quella stessa sera, nacque l'idea di
convocare per il giorno dopo, in piazza Haymarket, un comizio di protesta contro
la strage. L'iniziativa partì dal gruppo "Lehr und Wehr Vereine" e vide la
partecipazione di Engel e Fischer. Molti sindacati appoggiarono la proposta.
Preparandosi al comizio, i suoi organizzatori non intendevano affatto
contrapporre una propria forza armata alle forze armate della polizia. Diffuso
il giorno dopo in seno alle organizzazioni operaie, il comunicato sul comizio
conteneva un appello ai lavoratori per esprimere la propria protesta con calma e
senza scontri con la polizia.
Il 4 maggio, alle sei e mezzo di sera, da
due a tremila operai si riunirono in piazza Haymarket. Sebbene fossero diretti
contro l'operato delle autorità e degli imprenditori, i discorsi di Spies,
Parsons e Fielden non contenevano il benché minimo invito ad uno scontro armato.
Parlando dell'andamento dello sciopero e degli avvenimenti succedutisi
nelle precedenti 48 ore, Spies sottolineò: in particolare: "Le autorità hanno
fatto circolare la voce che questo comizio è stato convocato per dare inizio a
nuovi disordini. In realtà, lo scopo odierno è di parlare di fatti ben noti a
tutti. La colpa dello spargimento di sangue di ieri ricade in pieno sugli
imprenditori, i quali non indietreggiano davanti a nulla pur di sopprimere la
legittima indignazione degli operai che essi sfruttano e per costringerli a
rinunciare alle loro legittime rivendicazioni. La responsabilità dell'uccisione,
il 3 maggio, di alcuni operai, ricade completamente su McCormick. Attualmente,
in città, 40-50 mila operai sono oggetto di serrate, essendosi rifiutati di
ubbidire alla volontà di un ridotto gruppo di persone. Le famiglie di 25-30 mila
operai muoiono di fame poiché i mariti e i padri non sono in grado di tenere
duro e opporre resistenza al diktat di un piccolo numero di predatori ... "
Spies si soffermò anche sul ruolo poco onesto assunto dalla stampa
borghese di Chicago, la quale travisava i fatti, difendendo i capitalisti ed
accusando gli operai. Spies non esagerava. Il "Chicago Tribune", ad esempio,
definì gli operai presenti al comizio "una folla imbestialita". La stampa difese
apertamente l'assassino McCormick ed elogiò le azioni della polizia, la quale
aveva cominciato a sparare sugli operai. Il giorno dopo, a proposito degli
avvenimenti di piazza Haymarket, il "Chicago Tribune" scrisse che il comizio era
una minaccia per la "intera società americana, da parte dell'anarchismo e del
comunismo" ed invitava le autorità a farla finita con l'uno e con l'altro.
Quanto a Parsons, egli dedicò gran parte del suo intervento alle pesanti
condizioni di vita e di lavoro degli operai. Basandosi su inconfutabili dati
statistici, Parsons dichiarò che gli operai usufruivano del solo 15% dei beni
materiali da essi prodotti, mentre un pugno di capitalisti si appropriava del
resto. Il sindaco di Chicago Harrison, il quale aveva assistito al discorso di
Parsons, lo descrisse come un coraggioso discorso contro il capitale.
Parsons disse che i capitalisti gridavano ipocritamente al pericolo che
incombeva sulla società, affermando che tale pericolo proveniva dal movimento
operaio per la rivendicazione delle 8 ore lavorative, nel tentativo di
giustificare il barbaro trattamento dei lavoratori. "Ogni volta che voi chiedete
un aumento salariale, si fa ricorso all'aiuto della polizia, dello sceriffo,
degli investigatori di Pinkerton: vi si spara contro, vi si bastona, vi si
uccide per le strade. Parlo non per istigarvi alla violenza, ma per esporre i
fatti, a rischio della mia stessa vita".
Fielden fu l'ultimo a parlare.
Egli si soffermò sullo sfruttamento capitalista e sulle atrocità a cui faceva
ricorso la borghesia per reprimere gli operai. "Gli operai non si devono
attendere nulla dalla legislazione - disse Fielden - La legge è solo un
paravento dietro al quale si nascondono gli sfruttatori".
Cominciò a piovere
e metà dei partecipanti al comizio fu costretta a disertare la piazza. Il
comizio stava già per finire quando improvvisamente giunse un reparto di
polizia, il quale si concentrò davanti alla tribuna improvvisata dalla quale
parlavano gli oratori.
Come si seppe più tardi, circa 200 poliziotti erano
stati preparati da tempo al "ristabilimento dell'ordine".
Ma del fatto
che non ci fosse nessun bisogno di farli arrivare in piazza Haymarket se ne era
convinto persino il sindaco della città, rimasto a seguire il comizio quasi fino
alla fine. Da lì il sindaco di Chicago si recò al commissariato di polizia per
dire al capitano Bonfield che nessuno aveva incitato i presenti a far ricorso
alla forza e che non era accaduto, né sarebbe accaduto, niente che avrebbe reso
necessario un intervento e consigliò al capitano Bonfield di ordinare il ritiro
dei poliziotti. Bonfield rispose al sindaco che in base alle informazioni
ricevute, era giunto personalmente alla stessa conclusione.
Ma i
poliziotti giunsero lo stesso sul luogo del comizio. Alla polizia ed ai suoi
sostenitori, un esito pacifico della manifestazione non poteva infatti andare
bene. Indubbiamente era stato elaborato un preciso piano, volto a provocare un
serio incidente, che sarebbe stato utilizzato al fine di sopprimere la
manifestazione e di sbarazzarsi dei dirigenti degli operai. A giudicare da
quanto successe il piano fu realizzato alla perfezione. ... Il tutto si svolse
in pochi minuti. Un ufficiale di polizia rivolse ai presenti l'ingiunzione di
abbandonare subito la piazza, Fielden, costretto a scendere dalla tribuna, fece
solo in tempo a rispondere: "Il nostro comizio è pacifico ... " quando
improvvisamente fu lanciata una bomba che esplose tra due gruppi di poliziotti,
molti dei quali caddero a terra. Un poliziotto rimase ucciso. Subito dopo la
polizia cominciò a sparare sugli operai. I poliziotti sparavano alla rinfusa
inseguendo i partecipanti al comizio che fuggivano da ogni parte in preda al
terrore.
Dopo alcuni secondi la piazza rimase completamente deserta, ad
eccezione di chi era caduto sotto i colpi delle pallottole e dei manganelli dei
poliziotti. Così finì la "ribellione di Haymarket", come le autorità definirono
questo comizio pacifico, e iniziò il "caso Haymarket".
Il "Caso
Haymarket"
L'esplosione della bomba e la conseguente morte del
poliziotto colpito, slegarono del tutto le mani ai "tutori dell'ordine" di
Chicago. Come scrisse Sorge, "si levò un assordante grido di vendetta e di furia
da parte delle autorità e dei filistei, eroi del manganello e dell'ordine. Tutte
le garanzie costituzionali della libertà personale e dell'inviolabilità della
persona vennero calpestate, venne abrogata qualsiasi inviolabilità della persona
e ripristinato l'onnipotente arbitrio della polizia, la rozza polizia di
Chicago".
A Chicago ebbero inizio arresti e perquisizioni
indiscriminate. Vennero tratti in arresto tutti gli attivisti del movimento
sindacale e operaio, furono messe al bando tutte le organizzazioni
anarcosindacaliste e vietate le loro pubblicazioni. I redattori e gli editori
dell'"Arbeiter Zeitung" vennero gettati in carcere. Chi tentava di intercedere
in favore degli arrestati era successivamente fatto oggetto di sorveglianza da
parte della polizia. Vennero proibite tutte le riunioni di operai e con il
pretesto di "prevenire eventuali attentati", le autorità militari misero un
intero reggimento di fanteria in assetto di guerra. Da parte loro, gli
imprenditori crearono speciali gruppi di "difesa dell'ordine e della proprietà".
La stampa reazionaria chiese che i dirigenti operai arrestati venissero
giustiziati immediatamente. Il "New York Tribune" diffuse menzogne, secondo le
quali gli operai aspettavano solo l'arrivo dei poliziotti per farne strage. Solo
un ristretto numero di giornali offrì un quadro veritiero degli avvenimenti e
denunciò i veri colpevoli del massacro. Il "John Swinton's Paper" scrisse ad
esempio: "Se non ci fosse stata la minaccia di un reparto armato arrivato
proprio sul luogo della riunione, se questo reparto si fosse astenuto dal
tentativo di far fallire il comizio in quanto in esso non si era notato nessun
segno di ribellione, allora non c'è alcuna ragione di credere che i discorsi di
denuncia degli oratori non sarebbero finiti pacificamente... come previsto,
verso le dieci ... ".
Parsons, Spies, Fielden, Schwab, Neebe, Fischer, Engel
e Lingg furono incarcerati.
In un primo momento la polizia non riuscì a
mettere le mani su Parsons; fintanto quando questi seppe di essere chiamato in
giudizio, in segno di solidarietà con i suoi compagni, prese il suo posto sul
banco degli imputati. Essendo uno dei dirigenti degli operai di Chicago, Parsons
considerava suo dovere il denunciare pubblicamente la provocazione e difendere
gli operai. "Mi uccideranno - rispose quando gli fu chiesto perché si fosse
presentato in tribunale - ma non potevo restarmene in libertà sapendo che i miei
compagni erano stati arrestati e sarebbero stati giustiziati per fatti di cui
essi sono colpevoli al pari di me ... ".
Formalmente tutti gli imputati
vennero accusati di istigazione all'uccisione e dell'uccisione stessa del
poliziotto morto in piazza Haymarket. In realtà li si voleva giudicare per le
loro convinzioni politiche. Per citare Sorge, "il socialismo, il comunismo,
l'anarchismo e tutto il movimento operaio si trovava ora sul banco degli
imputati".
E i giudici non lo nascondevano. Il procuratore Grinnell, ad
esempio, dichiarò apertamente che Parsons e i suoi compagni sarebbero stati
giudicati per aver capeggiato le manifestazioni operaie. "Essi sono colpevoli al
pari e non di più di chi li segue - disse egli. E chiese subito: - Giudicate
questi uomini e che ciò serva da esempio agli altri! Impiccateli e salverete i
vostri istituti, la nostra società!".
La decisione definitiva sul processo a
carico dei rivoluzionari di Chicago spettava al collegio dei giurati, il quale
si riunì il 17 maggio. Come scrisse più tardi uno degli avvocati difensori degli
imputati, era un fatto noto a tutti che della giuria facevano parte noti
imprenditori, selezionati oltretutto in modo ben determinato. È logico quindi
che i circoli dirigenti esprimessero la propria soddisfazione al riguardo. La
stampa capitalista prediceva: "Indubbiamente Spies, Parsons, Schwab e gli altri
istigatori del crimine verranno chiamati in giudizio".
Tale fu, infatti
la decisione adottata dai giurati, la cui selezione, come si è detto, era stata
minuziosamente preparata. La giuria doveva essere di 12 uomini. Tra un migliaio
circa di possibili candidati, solo 6 erano operai, i quali, beninteso, non
finirono nel numero dei giurati. Vennero addirittura respinte le candidature di
tutti coloro il cui nome fosse legato, in un modo o nell'altro, alle
organizzazioni operaie e quelle di chiunque manifestasse simpatia nei confronti
delle stesse.
Conformemente alla legge i giurati avrebbero dovuto fare prova
della massima imparzialità; pertanto, il tribunale ignorò anche questa
condizione. La maggior parte dei futuri giurati dichiarò subito di avere le idee
assolutamente chiare quanto agli avvenimenti di piazza Haymarket. Erano tutti
imprenditori o dipendenti da imprenditori, tutti apertamente ostili agli operai
e convinti avversari dei socialisti.
Il processo iniziò il 15 luglio.
Gli imputati erano accusati di attentato alla costituzione, alla Dichiarazione
di indipendenza e di libertà del popolo americano, di congiura e di omicidio.
Erano stati preparati anche i "testimoni": i provocatori Waller, Shrade
e Scliger. Le deposizioni di questi ultimi non risultarono comunque convincenti.
Waller (sua sorella dichiarò successivamente che era stato comprato dal capitano
di polizia Shaak, che gli aveva consegnato una grossa somma di denaro) avrebbe
dovuto attestare ad esempio la "congiura" degli imputati, affermando che questi
avevano premeditatamente deciso di gettare una bomba contro i poliziotti in
piazza Haymarket. Rispondendo alle domande, Waller ammise tuttavia che la
polizia aveva fatto la propria comparsa al comizio in modo inatteso.
L'affermazione di un altro testimone dell'accusa, Gilmer, stando alla
deposizione del quale la bomba sarebbe stata lanciata da Schnaubelt, Fischer e
Spies, venne confutata da numerosi testimoni oculari, i quali riuscirono a
provare che al momento dell'esplosione Spies si trovava davanti agli occhi di
tutti, sulla tribuna, mentre Fischer era addirittura ad un altro comizio. Per
quanto riguarda Schnaubelt, Gilmer non ne seppe nemmeno fornire la descrizione.
Erano questi dunque i "testimoni" dell'accusa. Nonostante l'evidente
falsità delle loro deposizioni, l'accusa respinse ogni possibile confutazione.
Essendo le "prove" alquanto inconsistenti, contro gli imputati vennero allora
utilizzati brani tratti dai loro interventi pubblici e dai loro articoli di
giornale. Era del tutto chiaro che li si giudicava per le loro convinzioni
politiche e non per altro.
Il 20 agosto, il tribunale emise il suo
verdetto. Benché la non colpevolezza degli imputati fosse stata di fatto
dimostrata, sette di essi vennero condannati alla pena capitale e l'ottavo,
Neebe, a 15 anni di lavori forzati. Il ricorso in appello dei difensori alla
Corte suprema dello Stato dell'Illinois e alla Corte federale, con la domanda di
una revisione del processo, non fu accolto. La condanna restò in vigore.
La borghesia di Chicago e dell'intero paese si rallegrò cinicamente
della propria vittoria. "Il 4 maggio l'anarchismo si è trovato sul banco degli
imputati - scrisse il "Chicago Tribune" - ed ha ricevuto oggi un verdetto... che
è la voce della giustizia". Rilevando la "soddisfazione generale" causata dal
verdetto, il giornale scrisse che la decisione del tribunale incarnava una
vittoria sugli "stranieri"... Il giornale dichiarò che il verdetto aveva non
solo "ucciso l'anarchismo di Chicago... ma si presentava addirittura come un
monito per tutta la velenosa famiglia del Vecchio Mondo comunisti..,
socialisti.., anarchici.., affinché questi ultimi non giungessero negli USA per
abusare della loro ospitalità e della libertà di parola ... "
In
sostanza, queste parole mettevano a nudo la vera causa della strage perpetrata
contro i socialisti rivoluzionari. La classe dirigente aveva in tal modo
conseguito quanto non erano riusciti a conseguire uomini politici, filosofi e
giornalisti che, al suo servizio, avevano tentato per moltissimi anni di
convincere la classe operaia del paese della "estraneità" del socialismo alle
condizioni dell'America "democratica" e quindi della sua totale "mancanza di
prospettive".
Nel corso del processo, i discorsi degli imputati, così
come, in generale, il loro comportamento, furono un esempio di coraggio e di
fermezza. Nei loro interventi essi smontarono definitivamente le accuse avanzate
nei loro confronti e misero in luce il disegno politico di quella provocatoria
"causa penale" intentata dalle autorità dell'Illinois. Lo scopo era di
calunniare e condannare le avanguardie dei lavoratori, per poi distruggere lo
stesso movimento operaio.
Nel suo discorso Spies dichiarò che il
processo aveva dimostrato che "nel paese ciascuno poteva essere accusato di
congiura e in certi casi di omicidio. Ogni membro di un sindacato, dell'Ordine
dei Cavalieri del lavoro o di qualsiasi altra organizzazione operaia poteva
essere accusato di congiura... e di omicidio". Egli disse: "La vostra decisione,
il vostro verdetto... non sono altro che l'arbitrio di una corte illegale... Noi
ci siamo dedicati ad un movimento volto a conquistare l'emancipazione
dall'oppressione e dalle sofferenze. Noi abbiamo effettivamente chiamato il
popolo... a tenersi pronto per i tempi burrascosi che sarebbero venuti. E
proprio questa è la causa del vostro verdetto ... ".
Rivolgendosi alla
borghesia americana, Spies disse: "Se pensate che impiccandoci riuscirete a
distruggere il movimento operaio... movimento in cui cercano la propria salvezza
milioni di uomini oppressi che per il proprio lavoro non ricevono altro compenso
che la disgrazia e il bisogno... allora impiccateci. Spegnerete una scintilla,
ma sappiate che ovunque dilaga già una fiamma. Una fiamma occulta. E voi non
riuscirete a domarla... Se la morte è una condanna per l'espressione della
verità allora sarà con orgoglio e senza paura, che io pagherò questo alto
prezzo. Chiamate il vostro carnefíce!".
Dopo aver dimostrato la sua
innocenza circa l'esplosione del 4 maggio, Fischer dichiarò che egli, come i
suoi compagni, era stato condannato a morte per le vedute e i princìpi che
sosteneva. "Il verdetto - disse a titolo di conclusione - è un colpo mortale
alla libertà di parola, alla libertà di stampa, alla libertà di pensiero in
questo paese e anche il popolo ne è consapevole".
Anche il discorso di
Lingg fu coraggioso. Egli dichiarò che la cosiddetta "congiura" di cui li si
accusava non era altro che unità di pensiero, di convinzione, di aspirazione, di
atteggiamento verso il sistema mostruoso e ingiusto del capitalismo. Lingg
definì il procuratore ed i giudici, colpevoli di arbitrio, una "banda di
criminali venduti". Egli esclamò: "Disprezzo il vostro ordinamento, le vostre
leggi, il vostro potere che si fonda sulla forza. Impiccatemi per questo!".
Il tribunale dovette riservare due sedute, l'8 e il 9 maggio, per il
discorso di Parsons. Parsons parlò dettagliatamente della lotta del proletariato
americano contro il giogo capitalista, espose la storia del socialismo e
dell'anarchismo negli USA, parlò del lavoro ch'egli aveva svolto insieme ai suoi
compagni tra gli operai.
Parsons mise in luce il vero retroscena
dell'accusa di "congiura" fabbricata contro di loro; il movimento per la
rivendicazione delle 8 ore lavorative cominciava ad assumere dimensioni
grandiose e la borghesia aveva avuto paura di "un precipitoso calo del corso del
dollaro, nel caso in cui lo sciopero fosse stato vittorioso. Il complesso
meccanismo di tutta l'industria era stato paralizzato dall'azione di migliaia di
operai in sciopero per una giornata lavorativa di 8 ore. Bisognava fare qualcosa
per arrestare il movimento, il cui epicentro erano l'Ovest e più particolarmente
Chicago, dove per una giornata lavorativa di 8 ore avevano dichiarato sciopero
40 mila lavoratori, bisognava dare un esempio, per citare le parole del "Times",
capace di costringere gli altri ad ubbidire... quelle persone che, a New York,
sono in grado di fare una simile proposta sono in grado anche di realizzarla...
Possibile che lesinino un centinaio di milioni di dollari all'anno piuttosto che
attuare tutto questo?".
Parsons smascherò la messa in scena del
tribunale e testi falsi su cui si basava il processo e dimostrò che questo non
era che una congiura contro la libertà, pagata dai milionari di Chicago. In
carcere, poco tempo prima di essere giustiziato, Parsons terminò il libro nel
quale espose le sue vedute sullo sviluppo della società. Lucy Parsons, amica e
compagna dei rivoluzionari, riuscì più tardi a far pubblicare i loro discorsi, i
materiali dell'istruttoria e del processo, nonché il libro di suo marito. I
compagni di lotta dei giustiziati riuscirono a pubblicare il libro di Albert R.
Parsons nel 1887, a Chicago. In quello stesso anno, a Londra vennero pubblicati
i discorsi pronunciati dagli anarco-sindacalisti di Chicago in tribunale. Nel
volume si esponevano anche la storia del movimento per la rivendicazione delle 8
ore lavorative e gli avvenimenti di piazza Haymarket.
La notizia di
quanto era successo a Chicago fece il giro di tutto il mondo. Alle "vittime
della lotta per la causa degli operai e della libertà" di Chicago andavano
vastissima simpatia e compianto da tutti i paesi, a nome di singoli e di
organizzazioni, al governatore dell'Illinois pervennero petizioni e domande di
grazia per i condannati. Al governatore si rivolsero Bernard Shaw, la Camera dei
deputati francese, il municipio di Parigi e della Senna, gli operai di Francia,
Russia, Italia, Spagna.
In difesa dei condannati si pronunciarono i
giuristi più in vista ed esponenti della vita pubblica degli USA tra cui H. D.
Lloyd, L. Trumbull, senatore americano per molti anni, S. S. Gregory, L. Gage,
R. Ingersoll.
I proletari americani si convinsero ancora una volta di quale
fosse il vero atteggiamento delle autorità statali e giudiziarie nei loro
confronti. Nonostante il terrore provato dalle organizzazioni operaie dopo gli
avvenimenti di Chicago, la maggior parte dei lavoratori espresse la propria
indignazione per una così flagrante giustizia sommaria. I proletari
internazionalisti americani valutarono giustamente le azioni delle autorità di
Chicago come un attentato non solo alle organizzazioni operaie, ma anche alle
libertà democratiche in generale.
Il congresso del Partito socialista
operaio svoltosi nel settembre del 1887, espresse l'opinione del partito e di
altre organizzazioni operaie circa l'ingiusta condanna spiccata dal tribunale e
dettata dal pregiudizio e dall'odio di classe. La risoluzione adottata dal
congresso diceva in particolare: "È conoscenza comune che nessuno dei condannati
fu, sia pur minimamente, coinvolto nel lancio della bomba... e non possiamo
vedere alcun nesso tra le vedute terroristiche di una persona e le azioni di
sconosciuti, poiché a tutt'oggi nessuno conosce per certo chi sia stato a
lanciare la bomba in questione. Ci rifiutiamo di credere che si possa
eventualmente giungere a scoprire i motivi che hanno spinto all'azione l'ignoto
autore del fatto stando alle deposizioni ed ai testi, il comizio, nel corso del
quale fu lanciata la bomba, era un comizio del tutto pacifico, un comizio che
tra l'altro sarebbe finito pacificamente, se non ci fosse stata ingerenza
illegale e la richiesta del suo scioglimento. Noi dichiariamo che la decisione
del tribunale è un attentato alla libertà di parola e di riunione e che
l'esecuzione di questo verdetto equivarrà a un omicidio giuridico".
Nell'ottobre del 1886 l'omonimo settimanale dell'Ordine dei Cavalieri
del lavoro cominciò a pubblicare le autobiografie dei condannati dal tribunale
dell'Illinois "martiri di Haymarket", "condannati a morte per aver fatto uso
della libertà di parola".
L'assemblea dei Cavalieri del lavoro della
circoscrizione di New York annunciò il proprio appoggio, morale e materiale, ai
condannati. Insieme all'Unione operaia centrale di New York, questa assemblea
appoggiò il messaggio firmato da 14 noti esponenti del movimento sindacale e
invitò le organizzazioni operaie a svolgere manifestazioni e comizi di protesta
contro l'ingiusto verdetto del tribunale.
Il 20 ottobre simili comizi
operai si svolsero a New York, a Chicago e in varie altre città. Ma questo
movimento operaio contro il verdetto del tribunale e l'offensiva della borghesia
contro il proletariato americano non assunse dimensioni sufficienti, privo
com'era di una direzione unitaria e battagliera. La borghesia americana si vide
così facilitare il compito di fare giustizia dei leader operai di Chicago.
L'11 novembre 1886, Albert Parsons, August Spies, Adolph Fischer e
George Engel furono giustiziati. Le ultime parole degli eroi furono per la
classe operaia. Per Samuel Fielden e Michel Schwab la pena capitale fu commutata
in ergastolo.
Insieme a Louis Lingg, morto in carcere, Parsons, Spies,
Fischer e Engel furono sepolti nel cimitero di Waldhaim, a Chicago. I loro
funerali si trasformarono in una vera e propria dimostrazione di solidarietà
operaia: 25 mila persone resero l'ultimo omaggio ai loro fratelli di classe e di
lotta.
... Per molti anni gli operai e l'opinione pubblica democratica
continuarono ad inviare alle autorità richieste di revisione del processo. Il 26
luglio 1893, Altgeld, neo eletto governatore dell'Illinois, concesse la grazia a
Fielden, Schwab e Neebe, i quali si trovavano in carcere. Nell'atto di grazia,
Altgeld sottolineò che Fielden, Schwab e Neebe, come pure i loro compagni, erano
innocenti e che la giustizia sommaria di cui essi erano stati fatti oggetto era
stata dettata dall'isterismo e da una clamorosa violazione della normale
procedura giudiziaria.
In quello stesso 1893, sulla tomba degli eroi di
Haymarket gli operai di Chicago innalzarono un obelisco.